giovedì 27 ottobre 2011

racconto noire

Ombra 
Voi che leggete siete ancora tra i viventi,ma io che scrivo sarò già da un pezzo nella regione delle ombre.Perchè in verità strane cose accadranno,arcane cose saranno rivelate,e molti secoli trascorreranno prima che queste memorie siano viste dagli uomini. Era stato un anno di terrore e di sentimenti anche più intensi del terrore,per i quali non v'è nome sulla terra. Poichè molti prodigi e segni si erano manifestati a noi,e da ogni parte,sul mare e sulla terra,le nere ali della Pestilenza erano largamente spiegate. In una fosca città chiamata Tolemaide,entro le pareti di una nobile stanza,sedevamo una notte,un gruppo di sette persone. La nostra stanza non aveva altro ingresso se non una grandiosa porta di bronzo.Inoltre,neri drappeggi nella stanza tenebrosa,escludevano alla nostra vista la luna,le stelle spettrali e le strade spopolate;ma ciò non contribui' in alcun modo ad allontanare il presagio e la memoria del Male: v'erano cose intorno a noi delle quali non posso render distintamente conto...cose materiali e spirituali,pesantezza nell'atmosfera,un senso di soffocazione,di ansietà,e,soprattutto,quella terribile sensazione che le persone nervose provano quando i sensi sono acutamente vivi e desti,e nello stesso tempo le capacità del pensiero sono assopite. Un peso morto incombeva su di noi. Gravava sulle nostre membra,sull'ammobiliamento di casa,sui calici da cui bevevamo;e tutte le cose erano depresse e prostrate,tutte le cose eccetto le fiamme delle sette lampade di ferro che illuminavano la nostra orgia. E nello specchio che il loro splendore formava sulla rotonda tavola d'ebano alla quale sedevamo,ciascuno di noi vedeva il pallore del proprio volto e l'inquieto sguardo negli occhi abbassati dei compagni. Eppure ridevamo ed eravamo allegri a nostro modo,cioè istericamente;e cantavamo canzoni e bevevamo senza ritegno,quantunque il vino purpureo ci ricordasse il colore del sangue.Vi era anche un altro inquilino nella nostra stanza,il giovane Zoilo. Disteso egli giaceva,avviluppato nel sudario.Ahimè,non partecipava alla nostra gaiezza,ma il suo volto alterato dalla peste,e i suoi occhi nei quali la Morte aveva estinto solo a metà il fuoco della pestilenza,parevano prendere tanto interesse al nostro divertimento quanto forse lo possono prendere i morti al divertimento di coloro che devono morire.Ma benchè io sentissi che gli occhi del defunto erano puntati su di me,mi sforzavo tuttavia di non notare l'amarezza dello loro espressione,e,fissando ostinatamente le profondità dello specchio d'ebano,cantavo a voce alta e sonora.Ma gradualmente i miei canti cessarono e i loro echi si affievolirono,divennero indistinti,e svanirono. Ed ecco!Dai funerei drappeggi entro cui i suoni del canto andavano a morire,usci'un'ombra oscura e indefinita,un'ombra simile a quella che la luna ,quand'è bassa in cielo,può foggiare dalla figura di un uomo: ma non era nè l'ombra di un uomo,nè di un Dio,nè di qualsiasi cosa familiare. Tremolando x un attimo tra i drappeggi della stanza,si fermò infine sulla superficie della porta di bronzo;l'ombra non si mosse,non proferi'parola,ma ivi divenne immobile e rimase. E la porta sulla quale l'ombra posava era,se ben ricordo,tutta contro i piedi del giovane Zoilo avvolto nel sudario. Ma noi,i sette colà riuniti,avendo visto l'ombra mentre usciva dai drappeggi,non osavamo fissarla risoluti,ma chinammo gli occhi. E alla fine io domandai sommessamente all'ombra la sua dimora e il suo nome. E l'ombra rispose:"Io sono Ombra,e la mia dimora è presso le catacombe di Tolemaide!". Allora noi sette ci levammo dai nostri seggi in preda all'orrore,e restammo tremanti e atterriti:poichè i toni nella voce dell'ombra non erano i toni di alcun essere singolo,bensi' di una moltitudine di esseri e,variando nelle loro cadenze,cadevano foschi nelle nostre orecchie con gli accenti inobliabili e familiari di molte migliaia di amici scomparsi.
E.A.Poe

 
Dal grande E.A.Poe un racconto noire

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